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La ricerca di alternative ai prodotti di origine animale non è un fenomeno degli ultimi anni. Le prime alternative vegetali alla carne erano già disponibili negli anni ’70, e si trattava di prodotti destinati a chi segue una dieta vegetariana. Uno dei pionieri nella produzione di alternative vegetali alla carne fu proprio il fondatore di Compassion in World Farming, Peter Roberts, la cui azienda Direct Foods mise in vendita negli anni ’70 e ’80 alimenti a base di soia.

Nel corso del tempo, le alternative alla carne si sono moltiplicate, guadagnando popolarità anche tra chi continua a consumare carne e altri prodotti di origine animale. In effetti, la maggior parte delle persone che integra queste alternative nella propria dieta tende a essere flexitariana, ossia consuma ancora carne, ma in quantità ridotta per diverse ragioni, incluse quelle ambientali.

Ma scopriamo di quali alternative parliamo e come sono prodotte.

Le nuove alternative vegetali

A differenza delle tradizionali alternative a base vegetale come tofu, tempeh e seitan, il “novel plant-based food” punta a replicare il gusto, l'aspetto e la consistenza dei prodotti di origine animale. Solitamente, questi alimenti vengono prodotti combinando proteine vegetali, principalmente di soia e piselli, con grassi, vitamine, minerali, acqua e altri additivi.

alternative vegetali alla carne, uno sopra l'altro sopra un tagliere

Il mercato per questi nuovi prodotti a base vegetale si è espanso sin da quando il burger vegano “Beyond Burger" è stato messo in vendita nel 2016, annunciato dall’azienda come la “cosa più simile alla carne” che avesse mai creato. Negli anni, difatti, la scienza alla base della produzione di questi alimenti si è evoluta, al punto che ora abbiamo a disposizione una gran varietà di prodotti che sono molto simili all’alimento di origine animale che mirano a riprodurre. Nel 2024, per esempio, un’azienda austriaca ha lanciato il primo “polpo” vegano, il Kraken.

I benefici per l’ambiente

Secondo il rapporto What’s Cooking del 2023, pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), rispetto alla produzione della carne bovina convenzionale, la produzione del “novel plant-based food” può richiedere dal 30 al 50% di energia elettrica in meno, nonché una  riduzione dell'86-97% nell'uso del suolo e del 67-89% nelle emissioni di gas serra.

Una riduzione non difficile da immaginare, considerando che l'ingrediente principale dei prodotti a base vegetale, i cereali, viene utilizzato anche nell'allevamento, soprattutto intensivo, ma in quantità notevolmente superiori.

Come sottolinea il report UNEP, il terreno recuperato dalla sostituzione di prodotti animali con alternative vegetali potrebbe essere usato per la tutela e il ripristino della biodiversità, la generazione di energie rinnovabili e altri approcci agro-ecologici meno intensivi. E, quanto al consumo di acqua, questo può variare in base alla proteina principale utilizzata per la produzione, e da prodotto a prodotto. In generale, va tenuto a mente che ogni prodotto ha le proprie caratteristiche e metodi di produzioni, che determinano i suoi impatti sull’ambiente.

Per esempio, nel proprio Impact Report del 2023, l’azienda Heura Foods ha dichiarato che i suoi prodotti hanno un impatto ambientale di gran lunga inferiore se paragonato alle loro controparti di origine animale, con una riduzione stimata delle emissioni di CO2 del 94% per il manzo, dell’81% per il pesce, dell’80% per il pollo e del 76% per il suino. L’azienda, inoltre, afferma di aver risparmiato, nell’anno riportato, abbastanza acqua da riempire 6.699 piscine olimpiche.  

Carne coltivata

foto di una confezione di carne di pollo coltivata

La carne coltivata è carne animale prodotta attraverso la “coltivazione” di cellule in vitro.

La sua produzione inizia dal prelievo di cellule da un animale con una procedura poco invasiva, senza bisogno che venga macellato. Le cellule vengono poi “coltivate” in un bioreattore, riempito con un terreno di coltura (ovvero una sostanza che favorisce la riproduzione delle cellule) composto da aminoacidi, glucosio, vitamine e sali inorganici, e integrato con fattori di crescita e proteine. Da ciò si ottengono cellule differenziate, che si uniscono per dare forma a tessuti muscolari.

Le cellule vengono poi “raccolte” e preparate nei prodotti finali.

I benefici per l’ambiente

Una delle principali critiche che vengono rivolte alla carne coltivata è il fatto che la sua produzione potrebbe richiedere una grande quantità di energia elettrica, e un consumo importante di risorse. Tuttavia, questo potrebbe essere un problema temporaneo. Questa tecnologia ha la potenzialità di consumare meno risorse poiché l’energia impiegata sarebbe utilizzata esclusivamente per produrre parti commestibili degli animali.

Numerosi scienziati hanno previsto che la produzione di carne da cellule in laboratorio può essere più sostenibile della zootecnia convenzionale per quanto riguarda il consumo di terra, acqua e di emissioni di gas serra.

Secondo il report dell’UNEP, utilizzando fonti di energia rinnovabile per la produzione di carne coltivata, si potrebbe arrivare a livelli di emissioni di gas serra di 40 volta inferiori a quelli della carne di manzo tradizionale, e incirca a un quarto inferiori per carne di pollo e di suino.

Fermentazione

La fermentazione è una tecnica alimentare millenaria, usata ad esempio per conservare cibo, produrre bevande alcoliche e migliorare il valore nutrizionale di alimenti come il kimchi e il tempeh. Nel corso dell’ultimo secolo, la fermentazione è stata utilizzata anche nell’industria chimica, per biomateriali, in medicina e trattamenti terapeutici, per combustibili e ingredienti alimentari sofisticati.

La grande varietà di specie microbiche, insieme a importanti passi avanti della biologia sintetica, lasciano sperare che la fermentazione possa giocare un ruolo fondamentale nello sviluppo di nuove alternative ai prodotti di origine animale convenzionali.

foto di una ciotola di lievito alimentare, con un cucchiaio di legno

Alle tecniche di fermentazione tradizionali, se ne aggiungono due nuove, moderne:

  • Fermentazione della biomassa: in questo approccio, la rapida riproduzione e l’alto contenuto proteico di molti microorganismi sono sfruttati per produrre in modo efficiente una grande quantità di proteine. La massa microbica di per sé può essere usata come ingrediente principale di un prodotto alimentare, o anche secondario. Alcuni esempi di produzione di alimenti realizzati con la fermentazione della biomassa sono i prodotti Quorn, il lievito alimentare e l’olio d’alga, usato per gli integratori di Omega 3 al posto dell’olio di pesce.
  • Fermentazione di precisione: in questo approccio, i microbi sono utilizzati per produrre specifici ingredienti funzionali. La fermentazione di precisione utilizza una tecnologia già ampiamente impiegata per la produzione di chimosina, un enzima essenziale per la produzione di formaggi che, altrimenti, si troverebbe solo nello stomaco dei vitelli. Usati per la produzione di alternative ai prodotti di origine animale, i microbi modificati geneticamente possono produrre ingredienti come gli enzimi, gli agenti aromatizzanti, vitamine, pigmenti naturali, proteine, grassi e aminoacidi. Per esempio, la fermentazione di precisione può essere usata per produrre la caseina, la proteina trovata nel latte, senza usare animali.  

Le tecniche di fermentazione, sia antiche che moderne, forniscono ingredienti fondamentali per il nostro sistema alimentare, e i prodotti fermentati possono essere usati per dare sapore e consistenza, come elemento proteico di un alimento o anche come agenti di crescita a sostegno della produzione di carne coltivata.

I benefici per l’ambiente

Vari studi suggeriscono che la produzione di cibo attraverso fermentazione di biomassa e fermentazione di precisione ha, in generale, un minore impatto sull’uso di terreni e di acqua. Invece, la riduzione delle emissioni di gas serra dipende dalla fonte di energia utilizzata per la loro produzione.

Ad esempio, nel suo Sustainability Report, Quorn afferma che il suo macinato — realizzato con micoproteine, ovvero proteine derivate dai funghi, come tutti i suoi prodotti — ha un'impronta idrica 12 volte inferiore rispetto al macinato di manzo, oltre a un'impronta di carbonio ridotta del 4% e un consumo di suolo inferiore del 6%. Questi risultati sono stati validati e pubblicati dal Carbon Trust.

Una questione di salute (pubblica)

allevamento intensivo di polli broiler

Secondo quanto riportato dall'UNEP, una riduzione nella produzione e consumo di prodotti di origine animale, a favore delle sue alternative, potrebbe ridurre il rischio di trasmissione di zoonosi, contrastando allo stesso tempo la distruzione degli habitat e la perdita di biodiversità, oltre che riducendo le interazioni fra animali allevati e persone.  Ridurre il consumo di prodotti di origine animale diminuirebbe inoltre il rischio per le persone di esposizione agli antibiotici e di sviluppare antibiotico-resistenza.

Questo tema è trattato anche nel nostro rapporto, Alimentare il futuro: come diminuire i rischi di nuove pandemie?, dove abbiamo messo in evidenza come il confinamento di un elevato numero di animali in condizioni insalubri e di sovraffollamento crei un ambiente ideale per la proliferazione e la mutazione di virus letali, costituendo così una minaccia per la salute di animali e persone.

Le alternative alla carne, create in un laboratorio sterile dovrebbero, in teoria, richiedere anche un minor uso di antibiotici rispetto a quello degli allevamenti intensivi, mentre al tempo stesso ridurrebbero il rischio di malattie alimentari.

E la nutrizione?

Le differenze nutrizionali fra prodotti di origine animale e le loro alternative possono essere varie, e in alcuni casi difficili da prevedere. Questo è particolarmente vero per la carne coltivata, non ancora commercializzata su larga scala.

banco vegetali del supermercato

È importante menzionare che è possibile adottare una dieta plant-based senza incorrere in carenze nutrizionali, a patto che essa sia bilanciata e che tutti i nutrienti necessari siano inclusi. In generale, sia le proteine animali che vegetali sono nutrienti, e il passaggio a diete che abbiano principalmente (o esclusivamente) prodotti di origine vegetale spesso non compromette la quantità e qualità di proteine assunte.

In definitiva, le implicazioni nutrizionali di tutte le alternative ai prodotti di origine animale dipendono dalla composizione del singolo alimento e dalle differenze fisiologiche di chi le consuma.

Va inoltre sottolineato che il novel food può essere progettato per essere più nutriente. In questo contesto, sarà interessante seguire i futuri progressi tecnologici che mirano ad aumentarne il valore nutrizionale, minimizzando o persino eliminando sostanze indesiderate come colesterolo, grassi insalubri, sale, zucchero, antibiotici e ormoni.

Benessere animale

Nuove tecnologie che forniscono proteine e altri nutrienti con metodi alternativi agli allevamenti possono giocare un ruolo cruciale nel ridurre il numero di animali allevati a scopo alimentare. Questo, a sua volta, potrebbe favorire lo smantellamento del sistema d’allevamento intensivo e garantire standard più elevati di benessere per gli animali nella filiera alimentare.

foto di una scrofa all'aperto, accarezza con il muso uno dei suoi piccoli

Pur con numeri drasticamente ridotti di animali allevati, la produzione di carne coltivata solleva alcune questioni di benessere animale che vanno affrontate, come sottolinea lo stesso report UNEP. Queste includono punti su come, e quanto spesso, le cellule verrebbero prelevate dagli animali, e cosa accadrebbe a loro una volta che non fossero più in grado di fornire cellule adatte. Mentre uno studio suggerisce che gli animali potrebbero e dovrebbero essere allevati in luoghi simili ai santuari, essi potrebbero anche essere integrati in sistemi di agricoltura rigenerativa ad alti standard di benessere. Tuttavia, esiste anche il rischio che possano essere tenuti in condizioni di scarso benessere, simili a quelle attuali.

Ad ogni modo, la produzione di cibo coltivato richiederebbe un numero di animali allevati drasticamente inferiore rispetto ai 92 miliardi di animali allevati attualmente a scopo alimentare nel mondo. Stando a quanto riporta il report UNEP, ottimizzando il processo di proliferazione cellulare, la carne coltivata ha il potenziale di arrivare un giorno a sfamare oltre 100 milioni di persone a partire dalle cellule estratte da un singolo bovino. Non solo, i ricercatori stanno attualmente lavorando su delle linee cellulari “immortalizzate” che potrebbero proliferare indefinitamente, eliminando del tutto la necessità di ripetute biopsie.

Un aspetto legato al benessere degli animali che l'industria zootecnica ha spesso strumentalizzato per screditare la carne coltivata è l'utilizzo, come terreno di coltura, del siero fetale bovino (FBS), una sostanza prelevata dal feto di una mucca gravida macellata. È importante evidenziare che, oltre al fatto che alcune aziende stanno già utilizzando sieri privi di componenti animali, come sottolinea il rapporto dell'UNEP, l'uso del FBS è attualmente in fase di eliminazione e probabilmente non sarà impiegato nella produzione su larga scala, non solo per motivi di benessere animale, ma anche per questioni di costo.

In conclusione

L’attuale sistema alimentare globale è crudele verso gli animali e nocivo per la salute umana, aggrava la crisi climatica e minaccia il futuro stesso del nostro Pianeta. Se l’allevamento intensivo è la causa principale di maltrattamento animale al mondo, l’agricoltura è una delle principali cause di perdita di biodiversità. L’agricoltura e l’acquacoltura, infatti, sono state identificate come minacce per il 60% degli animali a rischio (10.091 su 16.946) e per il 59% di piante e funghi (14.913 su 25.246).

persona in un campo passa dei cereali da una mano all'altra

Il sistema alimentare globale non è solo una minaccia per animali e piante, ma anche per la nostra stessa sopravvivenza. Un pericolo concreto, di cui il nostro CEO Philip Lymbery ha parlato in maniera approfondita nel suo ultimo libro pubblicato in Italia, Restano sessanta raccolti (Nutrimenti, 2023). Come riportato dal titolo, richiamo a una previsione preoccupante dell’ONU di alcuni anni fa, infatti, se non cambiamo radicalmente il modo in cui produciamo cibo, il suolo del nostro Pianeta, fonte primaria del nostro nutrimento, potrebbe diventare inutilizzabile entro pochi decenni.

Questo mette in luce come per la nostra sopravvivenza sia urgente ridurre il consumo di prodotti di origine animale, specialmente nei Paesi ad alto consumo come l’Italia, e transitare verso diete che mettano al centro i prodotti di origine vegetale.

In questo, le nuove tecnologie possono dimostrarsi un potente alleato, che non possiamo e non dobbiamo trascurare, in un più ampio contesto di iniziative e soluzioni diversificate, necessarie per avviare la costruzione di sistemi alimentari migliori, più sostenibili e giusti.

 

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