Si contano circa 380 milioni di vacche allevate per il latte sul pianeta, 27,5 milioni delle quali nell’UE e circa 2,5 milioni in Italia. Il loro destino è spesso segnato dall’essere forzate a una “produttività massimale”, zoppìe, mastiti e una breve vita.
Accesso al pascolo
In Europa esistono diverse tipologie di allevamento, in base all’accesso o meno al pascolo:
- sistemi a pascolo zero, in cui le vacche non hanno mai accesso al pascolo
- accesso limitato al pascolo: per esempio durante “l’asciutta”, il periodo i cui le vacche non producono latte
- sistemi estensivi al pascolo
Le vacche sono solitamente stabulate libere, ma la cosiddetta “posta”, in cui le vacche sono legate (per limitarne i movimenti) è ancora permessa e diffusa in certi Paesi. In Italia, si trovano ancora allevamenti in cui le vacche sono tenute “alla posta”, soprattutto nelle regioni di montagna.
Assenza di standard minimi
Non esiste una direttiva europea che fissi degli standard minimi per la protezione delle vacche allevate per produrre latte come, per esempio, per le galline ovaiole.
Alcuni capitolati – ovvero degli atti amministrativi – sviluppano dei sistemi di valutazione del benessere animale nell’allevamento lattiero-caseario. Questi sistemi di valutazione sono basati sul monitoraggio di indicatori chiave e sulla definizione di obiettivi volti a migliorare la condizione fisica degli animali e ridurre zoppìe e mastiti.
Produttività massima
La razza bovina Holstein, specializzata nella produzione di latte, è la razza più diffusa in Italia. Le vacche “ad alto rendimento” allevate per il loro latte sono spesso soggette a problemi di zoppìe, mastiti e altri disturbi funzionali.
Mentre una vacca allevata per la sua carne in allattamento produrrebbe naturalmente circa quattro litri di latte al giorno, una vacca allevata per il latte produce in media 28 litri di latte al giorno per un periodo di 10 mesi. Sette volte tanto.
Durante il picco di lattazione, queste vacche possono arrivare a produrre fino a 60 litri al giorno e fino a 12.000 litri nel totale della loro lattazione. Le mastiti (infezioni delle mammelle) e i problemi di fertilità sono estremamente frequenti.
A causa dell’intenso ritmo di produzione imposto, le vacche “ad alto rendimento” hanno un’aspettativa di vita produttiva molto breve. Per questo, esse vengono generalmente macellate molto presto, dopo la loro terza lattazione.
Madri separate dai piccoli
Perché producano una quantità sufficiente di latte, le vacche devono partorire un vitello tutti gli anni, a partire dall’età di due anni. Vengono di solito inseminate artificialmente, tre mesi dopo l’ultima gravidanza.
I vitelli sono allontanati dalle madri subito dopo la nascita o pochi giorni dopo. Dato il forte legame che li unisce, la separazione rappresenta uno stress enorme sia per la vacca che per il vitello. La madre a volte continua a muggire per chiamare il suo piccolo, anche per i due giorni seguenti.
I vitelli negli allevamenti intensivi
Dopo essere separati dalle madri, i vitelli vengono trasferiti nella filiera della carne, in genere in allevamenti intensivi. Qui vengono macellati intorno agli otto mesi di vita.
Spesso, non ricevono abbastanza colostro (il primo latte, ricco di proteine e anticorpi) e per questo motivo hanno un sistema immunitario indebolito, che non permette loro di resistere alle infezioni e alle malattie. Per di più, la loro alimentazione non è adeguata e in particolare manca di fibre e di ferro: sono resi volutamente anemici per ottenere una carne bianca, preferita dai consumatori.
La maggior parte dei vitelli allevati nella filiera del latte trascorrono le prime otto settimane di vita rinchiusi in box singoli. Nell’ambito della nostra campagna contro le gabbie, siamo entrati in alcuni allevamenti e abbiamo pubblicato una video-inchiesta, mostrando la sofferenza dei vitelli in questi sistemi crudeli.