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Pollo: preoccupanti i dati su antibiotico-resistenza

News Section Icon Pubblicato 09/03/2016

Un recente report del Ministero della Salute rivela la presenza di livelli molto alti e preoccupanti di antibiotico-resistenza nelle carni di pollo. Per questo, e per rispondere alla propaganda dell’industria avicola sul “pollo sano e made in Italy”, CIWF lancia un’infografica per spiegare la realtà che si nasconde dietro all’allevamento intensivo di polli.

Altissime densità (fino a 20 polli per mq) nei capannoni, selezione genetica con patologie connesse, ridotte difese immunitarie e conseguente uso rutinario di antibiotici producono grandissime sofferenze per gli animali, gravi rischi per la salute umana e una carne più grassa e meno salutare.

Il Ministero della Salute ha recentemente pubblicato la “Relazione sulla resistenza agli antimicrobici dei batteri zoonotici e commensali del settore avicolo” per il 2014, condotta secondo le nuove regole europee che armonizzano tali monitoraggi in tutti gli stati membri e che sono entrate in vigore il 1° gennaio 2014 (decisione 2013/652/UE).

Secondo il report, nei 709 campioni di pollo esaminati sono stati riscontrati:

  • il 12,69% positivi alla presenza di Salmonella spp., una delle cause più frequenti di tossinfezioni alimentari nel mondo industrializzato e in Italia.
  • il 72,92% positivi alla presenza di Campylobacter spp., la prima causa di zoonosi trasmesse dagli animali all’uomo in Europa il cui numero di casi è probabilmente sottonotificato in Italia.
  • il 95,40% positivi alla presenza di Escherichia coli (un microrganismo commensale che vive in simbiosi nell’intestino, ma che in particolari condizioni può divenire un patogeno opportunista) e ad alte contaminazioni (81,33%) da E. coli produttori di ESBL/AmpC, batteri che, secondo la relazione ministeriale, “destano preoccupazione per la salute pubblica, sia per la loro capacità di trasmettere i determinanti di resistenza ai principali agenti zoonosici (Salmonella) che per le loro potenzialità di agenti patogeni opportunisti nell’uomo”.

Destano inoltre preoccupazione gli alti livelli di resistenza, anche multipla, agli antibiotici, compresi quelli di importanza critica per l’uomo. Nello specifico, ad esempio, il 90,04% degli isolati di Campylobacter jejuni ha mostrato resistenza ai fluorochinolonici e il 5,36% ha mostrato resistenza multipla.

Nel caso della Salmonella, l’83,15% dei ceppi isolati nei campioni ha mostrato resistenza ai fluorochinolonici, l’82,02% alle tetracicline (la classe di antimicrobici più venduta in Italia), il 3,37% alle cefalosporine di 3° e 4° generazione e il 78,65% degli isolati ha mostrato resistenza multipla.

Per Escherichia Coli la resistenza ai fluorochinolonici è presente nel 67,65% dei campioni, la resistenza alle cefalosporine di 3° e 4° generazione nel 6,47%. Inoltre l’80,59% ha mostrato resistenza multipla.

Infine, per gli isolati di Escherichia coli produttori di ESBL o AmpC o carbapenemasi il 95,08% ha mostrato resistenza multipla con il 64,34% di resistenza multipla a 5 o più diverse classi di antimicrobici contemporaneamente.

Secondo la Federazione Nazionale Ordine Veterinari Italiani (FNOVI) “i risultati rappresentano una situazione alquanto allarmante soprattutto per alcuni antimicrobici quali tetracicline, sulfamidici, amminopenicilline e chinolonici”.

Il report completo è scaricabile a questo link.

Più informazioni su consumo di antibiotici per gli animali da allevamento in Italia a questo link

Dichiara Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia Onlus: “L’uso eccessivo di antibiotici negli allevamenti di polli è necessario perché le difese immunitarie degli animali sono estremamente ridotte dalla selezione genetica e dalle condizioni di allevamento, tra cui le altissime densità. Il miglioramento delle condizioni ambientali da solo non basta a risolvere questo problema: solo lavorando anche sugli aspetti di selezione delle razze (optando per animali ad accrescimento più lento) e sulla riduzione delle densità sarà possibile ridurre l’uso di antibiotici e tenere sotto controllo il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, che attualmente rappresenta una vera e propria minaccia per la salute pubblica. Nessun interesse commerciale dovrebbe avere la priorità rispetto alla salute dei cittadini italiani.”

In Italia ogni anno vengono allevati circa 500 milioni di polli “da carne”, la stragrande maggioranza dei quali in allevamenti intensivi, del tutto simili a quelli degli altri paesi europei. Stipati in capannoni a decine di migliaia con cicli di vita brevissimi (39-42 giorni), selezionati per crescere in maniera abnorme e sviluppando per questo diverse gravi patologie, tenuti in vita grazie ad un massiccio uso di antibiotici, questi animali sono venduti a prezzi sempre più bassi e sono ormai considerati soltanto una merce.

Ma non sono questi i fatti che l’industria della carne racconta agli italiani sugli allevamenti di polli. Al contrario, bombarda i consumatori con informazioni di segno positivo, “mezze verità” con intento fuorviante.
Di fronte a tutte queste informazioni mistificatorie, CIWF Italia Onlus ha realizzato un’infografica per chiarire la verità sugli allevamenti di polli da carne.

Annamaria Pisapia ha dichiarato: “I consumatori italiani stanno diventando sempre più attenti al benessere degli animali. Per questo l’industria cerca di rassicurarli con informazioni fuorvianti, tutte mirate ad assolvere le colpe del sistema intensivo, verso gli animali e la salute umana. Le “6 verità sul pollo” recentemente lanciate dall’industria avicola, sono un esempio lampante di questo tentativo mistificatorio. Ma il Made in Italy senza attenzione per il benessere animale resta un’etichetta priva di contenuto che non garantisce la tanto acclamata qualità. Con questa iniziativa abbiamo dato il nostro contributo al ristabilimento della verità sul pollo, per gli italiani che vogliono riflettere. E, siamo certi, saranno tanti.”

CIWF ricorda che in Italia, seppur minoritari, esistono sistemi di allevamento di polli da carne maggiormente rispettosi del benessere animale, come quelli all’aperto o che riportano in etichetta informazioni sulla crescita a densità inferiori rispetto ai limiti di legge e sull’uso di arricchimento ambientale. Perciò invita i consumatori a preferire prodotti provenienti da questi tipi di allevamento, diventando così gli attori del cambiamento, per porre fine al crudele allevamento intensivo dei polli da carne.

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Approfondimenti sull’infografica

1 - Crescita abnorme – I polli sono selezionati geneticamente per crescere in modo abnorme ed essere pronti per il macello in 39-42 giorni. La crescita abnorme porta con sé anomalìe nello sviluppo, come l’insorgenza di malattie cardiovascolari, respiratorie e zoppìe, oltre alla riduzione delle difese immunitarie degli animali.

2 - 20 polli in un metro quadrato – I polli vengono allevati ad altissime densità. Si può arrivare a far vivere in un metro quadrato fino a 20 polli. In un simile affollamento gli animali non sono certo “liberi di razzolare”, come si trova scritto nella comunicazione dell’industria. La verità è che non hanno neanche lo spazio per muoversi e che, in questo contesto, la denominazione “a terra” perde completamente di significato.

3 - Batteri fuori controllo – L’allevamento intensivo favorisce la diffusione di batteri come la Salmonella e il Campylobacter che stanno sviluppando preoccupanti resistenze agli antibiotici. Maneggiando la carne cruda c’è il rischio di infettarsi. Purtroppo in Italia non è possibile stimare le effettive infezioni da Campylobacter, così come invece succede in altri Paesi, perché in Italia non esistono controlli di routine. Per questo il pollo non andrebbe lavato per evitare di infettare se stessi e contaminare altri cibi o gli attrezzi di cucina.

4 - Antibiotici: una routine – L’uso di antibiotici negli allevamenti di pollo è quasi sempre sistematico: basta infatti che un solo animale si ammali e tutto il gruppo di decine di migliaia di animali deve essere trattato preventivamente, compresi gli animali sani. Considerando le altissime densità e le cattive condizioni di salute degli animali, derivanti anche dalla selezione genetica, le probabilità che gli animali sviluppino patologie è altissima e, di conseguenza, anche l’uso di antibiotici.

5 - Carne meno nutriente e più grassa – L’allevamento intensivo, che toglie gli animali dalla terra su cui dovrebbero razzolare, impatta anche sulle qualità nutrizionali dei prodotti: la carne dei polli allevati intensivamente è più grassa e contiene meno omega 3 dei polli allevati all’aperto.

6 - Made in Italy: un’etichetta senza contenuto – I polli italiani sono allevati intensivamente come accade in altri paesi. Il Made in Italy, nel caso dei polli allevati intensivamente, non è sinonimo di maggiore qualità.

 

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