Aviaria e allevamenti intensivi: facciamo luce sulle responsabilità
Pubblicato 07/02/2017
In Italia ad oggi sono stati notificati 4 focolai di HPAI H5N8 nel pollame domestico e 4 focolai (2 HPAI H5N8 e 2 HPAI H5N5) nella popolazione selvatica. Circa 140.000 animali sono stati soppressi (circa 37mila in via precauzionale), ma secondo CIWF il dibattito sull’origine di questi ceppi ad alta patogenicità dovrebbe urgentemente prendere in considerazione il ruolo degli allevamenti intensivi, per evitare che questa grave situazione si ripeta ancora in futuro.
Ad oggi quattro focolai (tre in Veneto e uno in Emilia Romagna) e 4 casi di uccelli selvatici risultati positivi al virus hanno riacceso l’allerta per l’influenza aviaria nel nostro Paese.
In Europa la situazione è preoccupante: sono interessati 26 Stati con 1094 focolai (479 in allevamenti industriali, 111 in allevamenti rurali, 479 nell’avifauna selvatica, 15 in cattività e 10 in allevamenti di cui non è specificata la tipologia). Sono 5.256.829 gli animali coinvolti negli allevamenti intensivi, 11.238 negli allevamenti rurali, 1.716. Meno di mille gli animali colpiti negli zoo. Solo il 24 gennaio erano 4.625.248 gli animali degli allevamenti intensivi coinvolti. (Qui la tabella aggiornata)
Al momento la risposta all’influenza aviaria si sta concentrando su come si trasmette e sulla gestione dei focolai. In questo modo, però, non si sta prendendo in considerazione una parte fondamentale del quadro generale: l’origine di questi ceppi altamente patogeni.
L’ONU ritiene che i ceppi ad alta patogenicità si siano originati e diffusi velocemente nell’industria del pollame in Oriente [1] e secondo un report della Commissione Europea del 2015 i selvatici sono stati solo vettori dell’influenza. [2].
I danni di questa epidemia vengono subiti principalmente dall’industria dell’allevamento intensivo, ma qual è il ruolo dell’intensificazione zootecnica quando parliamo della diffusione di questi ceppi?
L’allevamento intensivo, dove decine e a volte centinaia di migliaia di animali sono ammassati in capannoni chiusi in condizioni così estreme da indebolire il loro sistema immunitario, fornisce una situazione perfetta per far emergere ceppi virulenti e per la loro rapida diffusione. Qui informazioni sull'allevamento intensivo di polli.
“Se non ci chiediamo con urgenza come e dove questi ceppi hanno origine, saremo condannati a ripetuti, devastanti focolai di influenza aviaria negli anni a venire", ha dichiarato Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia. “Inoltre", aggiunge, "molti degli abbattimenti di massa sono inumani, eseguiti con la CO2 direttamente negli allevamenti. Se proprio devono essere abbattuti è di fondamentale importanza che gli animali perdano conoscenza il più velocemente possibile.”
Note
[1] Guillaume Belot et al., Highly pathogenic avian influenza H5N8: from Asia to Europe – the highway or the flyway? FAO Empres bulletin 2014, p 32
2 European Commission, Annual Report on surveillance for avian influenza in poultry and wild birds in Member States of the European Union in 2015, prepared by Animal and Plant Health Agency, Weybridge, Addlestone, Surrey, KT15 3NB, https://ec.europa.eu/food/sites/food/files/ad_control-measures_ai_surv-rslt_pltry-wld-brds_2015.pdf