Pubblicato 11/12/2017
CIWF chiede al Ministro Beatrice Lorenzin e al dott. Silvio Borrello della Direzione Generale della sanità animale e dei farmaci veterinari di esprimersi a favore della dicitura “a terra” per i conigli allevati in sistemi non in gabbia, una decisione che può permettere ai consumatori di avere informazioni chiare e fare acquisti responsabili.
In questi giorni il Ministero della Salute è stato chiamato a esprimersi in merito alla richiesta di utilizzare in etichetta la dicitura “a terra” per i prodotti derivati da conigli allevati in sistemi alternativi alle gabbie. L’utilizzo di gabbie nell’allevamento dei conigli rappresenta una pratica largamente diffusa nel settore cunicolo italiano e l’approvazione di questa etichettatura volontaria sarebbe di fondamentale importanza per promuovere lo sviluppo di sistemi alternativi che permettano ai consumatori di compiere scelte responsabili e agli animali di avere standard minimi di allevamento che garantiscano condizioni maggiormente rispettose del loro benessere.
I sistemi di allevamento in gabbia, comprese le cosiddette “gabbie benessere”, limitano fortemente le possibilità di movimento e di interazione sociale tra gli animali, compromettendo seriamente il benessere fisico, e soprattutto mentale, dei conigli. Avere un’alternativa disponibile sul mercato, che sia etichettata in maniera facilmente riconoscibile, è una richiesta che i consumatori italiani avanzano ormai da alcuni anni, come ha dimostrato la nostra petizione lanciata per avere prodotti che rispettino il benessere dei conigli che ha raccolto oltre 87.000 firme.
Nei sistemi commerciali alternativi alle gabbie, i conigli sono allevati in recinti sopraelevati rispetto al pavimento, per poter migliorare la loro salute e, da ultimo, eliminare l’utilizzo di routine degli antibiotici. Nonostante siano appunto sopraelevati rispetto al pavimento, utilizzare la dicitura “a terra” non è considerato come una pratica fuorviante per i consumatori. Infatti, altri paesi in Europa, più avanzati dell’Italia nel settore cunicolo e che utilizzano da tempo sistemi di allevamento alternativi alle gabbie, stanno già impiegando la dicitura “a terra”, come accade ad esempio in Germania. Inoltre, la dicitura è in linea con quanto stabilito dalla normativa europea per l’etichettatura delle uova, l’unica esistente in materia cui poter fare riferimento.
Se i sistemi alternativi alle gabbie rispettano certi requisiti minimi, come ad esempio maggiore spazio per gli animali e un recinto abbastanza lungo che permetta loro di fare dei balzi, allora i conigli possono essere allevati in condizioni maggiormente rispettose del loro benessere. In questi casi, come CIWF riteniamo che non sia fuorviante per i consumatori etichettare tali prodotti come “a terra”. Andare contro questa dicitura vuol dire rendere più difficile per i consumatori compiere acquisti responsabili, limitando lo sviluppo di sistemi alternativi e, di fatto, continuando a sostenere l’allevamento in gabbia.
Dichiara Elisa Bianco, responsabile del Settore Alimentare di CIWF in Italia:
“La dicitura “a terra” è ormai ben conosciuta e identificata dai consumatori italiani, che vi riconoscono sistemi di allevamento maggiormente rispettosi del benessere animale rispetto alle gabbie, un aspetto di cruciale importanza per permettere loro di compiere scelte informate e riconoscere immediatamente quello che stanno comprando. I consumatori italiani, che sono già disposti a pagare un prezzo più alto per i prodotti da sistemi non in gabbia [1], dovrebbero avere il diritto di avere un’etichetta che differenzi chiaramente la carne di allevamenti maggiormente rispettosi del benessere animale con un termine che siano in grado di riconoscere facilmente.”
Rendere disponibile sul mercato una linea di prodotti di carne di coniglio che provenga da animali non allevati in gabbia e distinguerla in modo chiaro per i consumatori rappresenta un primo passo cruciale per sostenere lo sviluppo di filiere cunicole italiane maggiormente rispettose del benessere animale, dagli allevatori che scelgono di impegnarsi per migliorare il benessere dei loro animali, ai consumatori che, con le loro scelte, sono desiderosi di potere promuovere e premiare questo miglioramento.