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CONAD: ancora galline in gabbia invece che “scelte di benessere”

News Section Icon Pubblicato 04/09/2018

CONAD è l’unica fra le 5 maggiori insegne italiane a vendere ancora uova da galline allevate in gabbia. CIWF Italia con un nuovo video lancia una petizione e chiede a CONAD di smettere di vendere prodotti provenienti da sistemi di allevamento crudeli.

Guarda il video

Link alla petizione

L’anno scorso CIWF Italia ha mappato le 5 maggiori insegne in Italia per quote di mercato per capire quali fra queste vendessero ancora uova in guscio provenienti da galline allevate in gabbia. Coop ha smesso di vendere uova da galline in gabbia nel 2010. Auchan, Carrefour ed Esselunga hanno smesso di venderle, o si sono impegnate a farlo, nei primi mesi del 2017, grazie anche al movimento d’opinione creato con le nostre iniziative.

CONAD - Solo CONAD sembra non essere sensibile alle richieste dei consumatori e, nonostante abbia preso un impegno sulla linea a proprio marchio, continua a vendere uova da galline allevate in gabbia. Una scelta in totale contraddizione con quanto affermato nelle pubblicità televisive, nelle quali CONAD dichiara di fare “scelte di benessere”.

Il video - Per questo CIWF Italia, con un video denuncia i contraddittori claim pubblicitari di CONAD, e lancia una petizione per chiedere al gruppo di smettere completamente di vendere uova da galline in gabbia, così come hanno scelto di fare gli altri supermercati.

Galline in gabbia - Come si vede nelle immagini del video, le galline allevate in gabbia hanno pochissimo spazio a disposizione, meno di un foglio A4 e non hanno neanche lo spazio per aprire le ali; poggiano le loro zampe su un pavimento di rete metallica, sviluppando così dolorose infezioni. La loro fragilità delle ossa è più accentuata, cosa che le porta a sviluppare lesioni con maggiore facilità e, a causa dello stress dovuto al sovraffollamento e all’impossibilità di muoversi, le galline corrono più rischi di beccarsi l’un l’altra, staccandosi le penne. Per ridurre i danni provocati da questo fenomeno, alle galline viene tagliato il becco dopo pochi giorni di vita, con una procedura molto dolorosa effettuata senza anestesia. In Italia ogni anno sono allevate 35 milioni di galline. Il 62% (circa 21 milioni) sono ancora allevatie in gabbia.

Dichiara Annamaria Pisapia, Direttrice di CIWF Italia Onlus:

“La vita delle galline allevate in gabbia è misera e piena di sofferenza. Speriamo che CONAD voglia finalmente fare davvero una scelta di benessere eliminando del tutto le uova provenienti da galline allevate in gabbia e dimostrando che il gruppo è veramente interessato al benessere, anche a quello degli animali”.

Approfondimenti

Etichettatura delle uova in guscio e trend di acquisto

Nel 2004 è entrato in vigore il regolamento europeo che stabilisce l'obbligo di etichettatura delle uova in guscio secondo il metodo di allevamento delle galline ovaiole. Il sistema di allevamento viene identificato con un codice: 0 All’aperto, 1 Biologico, 2 A terra, 3 In gabbia. Da quando è in vigore il regolamento europeo la percentuale delle galline allevata in sistemi alternativi è passata dal 3,9% al 38% (fonte CE).

Secondo ISMEA (febbraio 2018) le uova “da allevamenti all’aperto pur rappresentando ancora una piccola fetta nella distribuzione moderna (solo il 3%) hanno registrato nel 2017 incrementi del 31% rispetto al 2016. Le uova da allevamento a terra hanno incrementato i volumi del 19%, le certificate biologiche del 14%. Mentre per le uova provenienti da allevamenti in gabbie arricchite (che rappresentano ancora circa la metà dell’offerta al consumo) si è registrata una flessione delle vendite del 10%.”

Ovoprodotto

Il 45% delle uova prodotte in Italia diventano ovoprodotto, cioè quel prodotto utilizzato per paste, biscotti, gelati e salse. Sulle etichette di questi prodotti non è obbligatorio per legge riportare il sistema di allevamento dal quale derivano le uova. È molto probabile che gran parte delle uova utilizzate come ingrediente provenga da galline allevate in gabbia, se non indicato diversamente in etichetta o su altri canali comunicativi delle aziende, come i siti internet.

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