Il nostro sistema alimentare è la prima causa della perdita di biodiversità
Pubblicato 03/02/2021
Un nuovo report di Chatham House lanciato oggi in collaborazione con UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente) e Compassion in World Farming, chiede con urgenza una riforma del sistema alimentare.
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- Un nuovo report di Chatham House evidenzia che il sistema alimentare è il primo driver di perdita di biodiversità;
- La perdita di biodiversità continuerà ad accelerare a meno che non cambiamo il modo in cui produciamo il cibo. Un’ulteriore distruzione degli ecosistemi e degli habitat minaccerà la nostra possibilità di assicurare la sopravvivenza delle popolazioni umane;
- Il nuovo report chiede una riforma urgente dei nostri sistemi alimentari, suggerendo 3 azioni interdipendenti: cambiare i modelli alimentari, isolare e proteggere le aree naturali e condurre pratiche agricole in una maniera più rispettosa della natura e che favorisca la biodiversità;
- Ai decisori politici è richiesto urgentemente di adottare un approccio sistemico che tenga conto degli impatti dei sistemi alimentari, sviluppando una rotta globale per il cambiamento, che si traduca in obiettivi nazionali.
Londra, 3 Febbraio, 2021 – Gli impatti del sistema alimentare sulla perdita di biodiversità, è il titolo del nuovo report dell'istituto di ricerca britannico Chatham House. Il report è stato supportato dal Programma per l’Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e da Compassion in World Farming e descrive tre azioni necessarie per una trasformazione del sistema alimentare a supporto della biodiversità, definendo raccomandazioni per inserire la riforma del sistema alimentare in eventi politici di alto livello durante questo “Super Anno per la natura” dell’ONU.
Il nostro sistema alimentare globale è il primo driver della perdita di biodiversità, con l’agricoltura che, da sola, rappresenta una minaccia per 24.000 delle 28.000 (86%) specie a rischio di estinzione. Il tasso globale di estinzione delle specie, oggi, è più alto del tasso medio degli ultimi 10 milioni di anni.
Negli ultimi decenni il nostro sistema alimentare ha seguito il “paradigma del cibo a basso costo”, con l’obiettivo di produrre più cibo a un costo più basso aumentando gli input come i fertilizzanti, i pesticidi, l’energia, la terra e l’acqua. Questo paradigma conduce a un circolo vizioso: il costo più basso della produzione di cibo crea una più grande domanda di cibo che deve essere prodotto a un costo più basso attraverso un’intensificazione ulteriore e un’ulteriore deforestazione del suolo.
Gli impatti della produzione di più cibo a costo più basso non si limitano solo alla perdita di biodiversità. Il sistema alimentare globale è un importante driver del cambiamento climatico, rappresentando circa il 30% delle emissioni prodotte dall’uomo.
Secondo il nuovo report, una riforma del sistema alimentare è urgente e dovrebbe concentrarsi su tre azioni interdipendenti:
- Primo, i modelli alimentari globali devono spostarsi verso diete contenenti più vegetali, soprattutto a causa dell’impatto sproporzionato dell’allevamento di animali sulla biodiversità, sul consumo di suolo e sull’ambiente. Questo cambiamento, insieme con la riduzione dello spreco di cibo a livello globale, ridurrebbe la domanda e la pressione sull’ambiente e il suolo, producendo effetti benefici per la salute delle persone di tutto il mondo, e aiutando a ridurre il rischio di pandemie;
- Secondo, più aree naturali devono essere isolate e protette. Si ottengono vantaggi più grandi in termini di biodiversità quando preserviamo e ripristiniamo interi ecosistemi. Perciò, abbiamo bisogno di evitare di convertire più terra per usi agricoli. I cambiamenti nei modelli alimentari sono essenziali per preservare gli ecosistemi originari e ripristinare quelli che erano stati distrutti o degradati;
- Terzo, abbiamo bisogno di pratiche agricole più rispettose della natura e a sostegno della biodiversità, limitando l’uso di additivi e sostituendo le monocolture con pratiche agricole basate sulle policolture.
Il cambiamento delle diete è necessario per avere la possibilità che il terreno torni alla natura, e per consentire l’adozione diffusa di un’agricoltura più rispettosa della natura senza aumentare la pressione per convertire aree naturali in aree agricole. Più la prima azione viene messa in pratica, attraverso il cambiamento delle diete, più si creano possibilità per la seconda e la terza azione.
I risultati e le raccomandazioni contenuti nel nuovo report di Chatham House sono stati presentati oggi durante un evento online che ha visto la partecipazione di relatori dell’UNEP, di Chatham House e Compassion in World Farming, insieme con Dr. Jane Goodall, PhD, DBE, Fondatrice del – the Jane Goodall Institute e Messaggera di Pace dell’ONU. Alle relazioni è seguita una discussione a cui hanno partecipato Louise Mabulo, dalle Filippine, chef, ambientalista e Young Champion of the Earth dell’ONU e Lana Weidgenant, Vice-Chair dello Shifting to Sustainable Consumption Patterns del Food Systems Summit dell’ONU e Deputy Director di Zero Hour International.
Susan Gardner, Direttrice della divisione ecosistemi dell’UNEP ha dichiarato:
L’attuale sistema alimentare è una lama a doppio taglio, creata da secoli di paradigma del ‘cibo a basso costo’, al fine di produrre più cibo, più velocemente e a costi più bassi senza tenere in considerazione i costi nascosti per la biodiversità e le sue funzioni essenziali per la vita – e per la nostra salute. Riformare il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo è una priorità urgente – abbiamo bisogno di cambiare i modelli alimentari globali, di proteggere e isolare aree per la natura e di attivare pratiche agricole che siano più rispettose della natura e che supportino la biodiversità.
Il Professor Tim Benton, Research Director, Emerging Risks; Director, Energy, Environment and Resources Programme di Chatham House, ha dichiarato:
La più grande minaccia alla biodiversità deriva dall’uso intensivo del suolo – la conversione di habitat naturali in terre da coltivare o su cui allevare intensivamente – e questo è spinto dalla domanda di cibo sempre più ricco di calorie, ma povero dal punto di vista nutrizionale. Questi prodotti sono alla base di un sistema alimentare dispendioso che non riesce a nutrirci, mina la biodiversità e porta al cambiamento climatico.
Philip Lymbery, Global Chief Executive di Compassion in World Farming, ha detto:
In un momento in cui gran parte del mondo continua a combattere la pandemia di Covid-19, non è mai stato così ovvio che il benessere delle persone e degli animali, selvatici e d'allevamento, sono intrecciati. Come mostra questo nuovo report, il futuro dell'umanità dipende dal fatto che noi viviamo in armonia con la natura. Dobbiamo lavorare con la natura, non contro di lei. Non c'è mai stato un tempo più appropriato per noi per capire che proteggere le persone significa anche proteggere gli animali. Il futuro dell'agricoltura deve essere rispettoso della natura e rigenerativo, e le nostre diete devono diventare più vegetali, sane e sostenibili. Se non poniamo fine all'allevamento intensivo, rischiamo di non avere alcun futuro.
Dr. Jane Goodall, PhD, DBE, Fondatrice del – the Jane Goodall Institute e Messaggera di Pace dell’ONU, ha dichiarato:
L'allevamento intensivo di miliardi di animali a livello globale danneggia gravemente l'ambiente, causando la perdita di biodiversità e producendo massicce emissioni di gas serra che accelerano il riscaldamento globale. Le condizioni disumane di affollamento degli animali non solo causano intense sofferenze a questi esseri senzienti, ma permettono il trasferimento di agenti patogeni dall'animale all'uomo rischiando nuove malattie zoonotiche. Per motivi etici dovrebbe essere eliminato al più presto.
NOTE
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Per maggiori informazioni si prega di contattare: Keishamaza Rukikaire, Head of News & Media, UNEP, rukikaire@un.org
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Compassion in World Farming è stata fondata nel 1967 da un allevatore britannico che rimase inorridito dallo sviluppo dell'allevamento intensivo. Oggi Compassion è la principale organizzazione per il benessere degli animali allevati, che si impegna a porre fine agli allevamenti intensivi e a realizzare un'alimentazione umana e sostenibile. Con direzione generale nel Regno Unito, abbiamo uffici in tutta Europa, negli Stati Uniti, in Cina e in Sudafrica. Per scoprire di più su Compassion in World Farming visita: www.ciwf.it
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