Le associazioni denunciano il progetto di etichettatura nazionale, che tradisce una reale transizione ecologica e attenta al benessere animale e promuove invece etichette fuorvianti per cittadini e consumatori. I Ministri Speranza e Patuanelli accolgano le modifiche proposte per porvi rimedio.
A seguito dell’incontro avvenuto il 15 marzo sulla certificazione su base volontaria organizzato dal Ministero della Salute, Ministero delle Politiche Agricole e Accredia, la “Coalizione contro le #BugieInEtichetta” lancia l’allarme: in un momento così delicato e cruciale per il futuro di tutti, la proposta del Governo è un vero e proprio inganno per i cittadini, destinati a venire manipolati da un'etichetta che, beneficiando dei fondi pubblici PAC e PNRR, verrebbe apposta su prodotti ottenuti con condizioni che migliorerebbero poco o niente il benessere animale, a scapito di onestà e trasparenza.
Roma, 16 marzo 2022 - Le 14 Associazioni aderenti alla “Coalizione contro le #BugieInEtichetta”* denunciano che i Ministeri della Salute e delle Politiche Agricole hanno deciso di accelerare con l’istituzione di una certificazione nazionale volontaria sul benessere animale che tradisce qualunque ispirazione di trasparenza e verità nei confronti dei consumatori e che promuove un inganno che andrà a discapito di animali, cittadini, aziende virtuose, e ambiente.
Per questo le Associazioni chiedono con forza e urgenza ai Ministri Stefano Patuanelli e Roberto Speranza di far proprie le modifiche segnalate per impedire che l’intera operazione si traduca in un clamoroso esempio di #BugieInEtichetta.
In un momento in cui emergono con forza tutte le fragilità dell’economia italiana ed europea, il Ministero della Salute e quello delle Politiche Agricole si apprestano ad approvare un decreto che istituisce un’etichetta “Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale” (SQNBA) fuorviante, incapace, visto l’assenza di livelli di qualità crescenti, di favorire una reale transizione verso sistemi di produzione che si allontanino dalle condizioni tipiche degli allevamenti intensivi che, come stiamo purtroppo constatando proprio in questo momento, sono fortemente dipendenti da massicce importazioni di materie prime soggette a forti oscillazioni dei prezzi e speculazione, livellando al ribasso tutta la filiera italiana della produzione alimentare e dimenticandosi di tutti gli impegni presi per una transizione adeguata a forme che garantiscano livelli maggiori di benessere animale.
Si tratta di un vero e proprio autogol anche in termini di marketing, che lascerebbe il Made in Italy sulla strada del vecchio modello di produzione ai danni di animali, ambiente e clima, svalutando completamente gli impegni già presi da produttori e aziende che stanno realmente lavorando su politiche di miglioramento del benessere animale, favorendo invece chi lavora ai margini degli standard minimi di legge, creando una sorta di concorrenza sleale e una comunicazione istituzionale molto fuorviante per i consumatori,
dichiarano le associazioni.
Da molti mesi era stata messa in luce le necessità di una profonda revisione della proposta del SQNBA, portato avanti dai Ministeri delle Politiche Agricole e della Salute insieme con Accredia, e istituito nel luglio 2020 con l’articolo 224 bis nel Decreto Rilancio, inviando più volte proposte precise e puntuali anche su richiesta esplicita del Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli.
Tuttavia, le voci della società civile e di chi ha proposto dei miglioramenti reali al decreto e al disciplinare per l’allevamento dei suini – ora apparentemente messo da parte ma considerato, da quanto è stato comunicato dai funzionari ministeriali, praticamente pronto – sono rimaste totalmente inascoltate.
Le Associazioni hanno chiesto più volte – anche durante l’incontro di ieri – la revisione del decreto in alcuni, precisi, punti essenziali: l’introduzione di almeno cinque livelli diversificati per ogni specie chiaramente visibili in etichetta, la cancellazione dei riferimenti alla diminuzione delle emissioni di gas serra nella definizione di benessere animale - azione importante e necessaria ma del tutto scollegata da questa certificazione - la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale. Senza queste modifiche etichettare con il claim “benessere animale” i prodotti sarà un mero atto di inganno nei confronti dei consumatori, degli allevatori che già hanno avviato una transizione e dei veterinari che vedranno mortificata ogni loro reale competenza per accrescere il benessere degli animali.
In particolare, al fine di garantire che l’etichettatura volontaria sia veritiera, corretta e trasparente, è fondamentale che i Ministeri modifichino il decreto:
- Inserendo almeno diversi livelli di certificazione per ogni specie (come ad esempio avviene per le uova), visibili e comparabili in etichetta, in modo da fornire al consumatore tutte le informazioni chiave per poter scegliere in maniera informata i prodotti e incentivare così la transizione. Tale proposta era già stata ampiamente presentata e documentata dalla coalizione ed è stata finora completamente negletta e privata dell’opportuna considerazione. La nuova formulazione dell’articolo 1 infatti risulta vuota e inefficace, limitandosi ad un timido e pretestuoso cenno alla considerazione della possibilità di elaborare un sistema di requisiti di benessere eventualmente articolato in più livelli. Questa formulazione rende di fatto priva di qualsiasi efficacia la disposizione, rendendone quasi impossibile l’attuazione.
- Eliminando dal testo del decreto i riferimenti al controllo e alla gestione delle emissioni nell’ambiente, un tema di importanza cruciale ma scollegato dal benessere animale e che - inserito in questo contesto - renderebbe ancora più ingannevole l’etichetta nei confronti del consumatore.
- Inserendo tra i criteri atti a definire il benessere animale i bisogni etologici di specie, la densità degli animali e le condizioni di trasporto.
- Prevedendo controlli non annunciati in situ, sia per gli operatori della produzione primaria che per gli operatori del settore alimentare, almeno una volta all’anno, e non ogni tre anni come previsto dal decreto, al fine di garantire la corretta verifica dei requisiti che consentiranno di ottenere la certificazione SQNBA.
- Dato il ruolo centrale del Comitato Tecnico per garantire il benessere animale licenziando i diversi disciplinari di allevamento, le Associazioni rinnovano la richiesta di farne parte con tre rappresentanti esperti indicati dalla società civile.
Le associazioni della coalizione invitano pertanto i Ministri Patuanelli e Speranza a rivedere con urgenza il progetto di decreto alla luce dei punti fondamentali sopra evidenziati. Qualora ciò non accada, la Coalizione continuerà nella sua attività di informazione ai cittadini e si batterà in tutte le sedi opportune per rendere le sue istanze ascoltate.
*Le associazioni che aderiscono alla coalizione sono: Animalisti Italiani, Animal Law Italia, Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Greenpeace, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, The Good Lobby, WWF Italia