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Nuova inchiesta mostra la sofferenza delle galline ovaiole in gabbia

News Section Icon Pubblicato 08/09/2022

In Italia, sono ancora oltre 16 milioni le galline allevate per la produzione di uova ad essere confinate in gabbia. Una forma di costrizione e confinamento inaccettabile, che ha gravi conseguenze sulla salute e sul benessere di questi animali.

Le immagini fornite da LAV e diffuse dalla coalizione End The Cage Age, provenienti da allevamenti di galline ovaiole del Nord Italia, restituiscono un quadro molto critico: all’interno delle strutture gli animali appaiono sofferenti e le condizioni igienico-sanitarie sono del tutto inadeguate. Si tratta di vere e proprie fabbriche dove gli animali vivono in condizioni di grave privazione.

Centinaia di migliaia di animali ammassati all’interno dei capannoni sovraffollati: questa la realtà all’interno degli allevamenti di galline ovaiole. Le immagini mostrano anche cadaveri lasciati a contatto con gli animali vivi, alcuni per molto più di 24 ore, in alcuni casi da settimane. I cadaveri sono stati trovati anche a contatto con le uova e con il cibo somministrato agli animali.

La diffusione di infezioni è molto alta. Tra queste, in molti casi gli animali risultavano affetti da gastroenterite e infestazione da acari rossi, che sono stati in più casi rinvenuti sugli animali vivi, su quelli morti e sulle uova. Gli animali, sotto stress e con forti segnali di malessere, sono lasciati senza cure, a contatto con gli altri. Diverse galline, inoltre, presentavano i sintomi avanzati della ritenzione dell’uovo, causa di morte in tempi rapidissimi se non trattata. Il materiale ottenuto mostra che ci sono gravi deformazioni alle zampe degli animali costretti all’interno delle gabbie.

I sistemi di pulizia sono spesso non adeguati o non funzionanti, con la conseguenza che le deiezioni sono a contatto con le uova deposte e gli animali stessi, tutti ammassati in uno spazio ristretto.
Le condizioni di sovraffollamento ed altissima densità degli animali all’interno dei capannoni, insieme alle loro precarie condizioni di salute, costituiscono il terreno ideale per il contagio e la diffusione di patologie tra gli animali, e potenzialmente all’uomo, come nel caso di zoonosi quali l’influenza aviaria.

È ormai evidente, dalla letteratura scientifica, che l’allevamento in gabbia non è adeguato a garantire condizioni di benessere a questi animali. Nelle gabbie, infatti, le galline non possono mettere in atto nemmeno i comportamenti naturali più semplici, come raspare il terreno ed esplorare l’ambiente, salire e ripararsi su un albero per sfuggire da animali aggressivi, appartarsi in tranquillità per deporre l’uovo, con gravi ripercussioni sulla loro salute. I livelli di stress e frustrazione spesso sfociano proprio in una grande aggressività, che si manifesta per esempio con plumofagia e cannibalismo, che causano gravi lesioni e ferite agli animali.

E anche i cittadini sono sempre più sensibili alle condizioni in cui sono detenuti gli animali allevati a scopi alimentari. L’iniziativa dei cittadini europei End The Cage Age è stata la prima sul tema delle condizioni di detenzione degli animali a ricevere questo successo e ha portato già ad una netta presa di posizione della Commissione UE, che ha dichiarato che le gabbie saranno abolite da tutti gli allevamenti europei entro il 2027. Entro il 2023 verrà presentata sempre dalla Commissione una proposta legislativa per avviare la transizione.

Galline, scrofe, conigli, quaglie, vitelli: milioni di animali soffrono ancora nelle gabbie d’Europa. In Italia ancora oltre 40 milioni di animali vivono in gabbia. Non è più il tempo delle scuse e dei rinvii, è giunto il momento di vietare questa crudeltà. Ed è qui che il Governo italiano è chiamato in causa: l’alternativa all’allevamento in gabbia è possibile e necessaria. Chiediamo al futuro Ministro delle Politiche Agricole e al futuro Ministro della Salute di prendere una posizione netta contro l’utilizzo delle gabbie, e sostenere l’impegno preso dalla Commissione UE in tutte le sedi in cui sono chiamati ad intervenire sia a Bruxelles sia a livello nazionale, diventando capofila di un passo importantissimo di civiltà.

dichiarano le organizzazioni italiane della coalizione End The Cage Age

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