Sulla carne in vitro, poca informazione e molta demagogia
Pubblicato 17/11/2022
“Più che un’infografica, quella del comunicato condiviso da Coldiretti è una grafica fuorviante, evidentemente di parte,” commentano le associazioni di protezione animale in risposta all’iniziativa di Coldiretti – sostenuta anche da alcuni politici – per chiedere il divieto di produzione, uso e commercializzazione di carne e altri prodotti “in vitro” (anche detti “coltivati”) in Italia.
L'allevamento intensivo, come anche dichiarato in diversi documenti ufficiali della Fao*, è una delle fonti più inquinanti dell'ambiente, sia in riferimento alle emissioni di gas in atmosfera, che per il riversamento di liquami nei terreni e nelle acque, senza parlare poi della deforestazione di enormi porzioni di foreste in tutto il mondo per far posto a colture, di cereali destinati all'alimentazione degli animali detenuti negli allevamenti. Ma questo Coldiretti si è ben guardato dal dirlo ai cittadini, che si ritrovano, quindi, con un’informazione incompleta.
Se, quindi, Coldiretti vuole davvero parlare di inquinamento, lo faccia senza trascurare l'enorme impatto dell'allevamento di animali. E in riferimento all'espressione 'cellule impazzite', riferendosi alle cellule staminali di origine animale utilizzate per produrre carne coltivata, dobbiamo ricordare che questi procedimenti di coltura cellulare sono utilizzati dalla comunità scientifica da decenni.
Stride quindi anche leggere le parole del Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Lollobrigida, che afferma in risposta ad un’interrogazione parlamentare del 17 novembre la totale contrarietà all’affermazione di una carne alternativa che potrebbe rappresentare una soluzione alla sostenibilità del sistema alimentare e rispondere alle sempre più forti preoccupazioni dei consumatori sul trattamento riservato agli animali allevati a scopi alimentari.
Lo stesso Ministro, qualche settimana fa aveva altresì dichiarato: “Non siamo certo per gli allevamenti massivi […] che sfruttano e stressano gli animali, ma vogliamo tutelare i piccoli allevatori e un’economia di qualità che difenda il territorio”. Riprendendo le parole del Ministro, ci aspettiamo, quindi, una presa di posizione dell’attuale Governo per una riduzione del numero di animali allevati sul territorio nazionale ed un maggiore supporto allo sviluppo di coltivazioni adatte al consumo umano, per un’alimentazione sempre più basata sul consumo di alimenti vegetali che garantisca maggiore autonomia nell'approvvigionamento e salvaguardia del territorio.
Ci chiediamo anche in rapporto a cosa il “cibo sintetico” consumi e inquini di più rispetto a quello che arriva dagli allevamenti intensivi, sistema predominante in tutta la filiera italiana. La domanda che sorge spontanea è se in questo assunto si consideri il costo gravoso dell'allevamento intensivo su ambiente e persone, a partire dalle emissioni fino alla deforestazione e al riversamento di liquami nei terreni e nelle acque.
Quali sarebbero i rischi per la salute umana? Perché per noi sono molto più evidenti quelli relativi all’allevamento intensivo, in cui vi è un uso sistematico di farmaci, fattore che spiana la strada ai superbatteri e all’antibiotico-resistenza. Rischio che per la carne in vitro non sussiste.
Come sicuramente Coldiretti saprà, il Regolamento UE 2012/2283 subordina l’immissione nel mercato dei c.d. Novel Foods o prodotti alimentari innovativi al fatto che:
a) in base alle prove scientifiche disponibili, l'alimento non presenti un rischio di sicurezza per la salute umana;
b) l'uso previsto dell'alimento non induca in errore i consumatori, in particolare nel caso in cui l'alimento è destinato a sostituire un altro alimento e vi è un cambiamento significativo nel suo valore nutritivo;
c) se l'alimento è destinato a sostituire un altro alimento, non ne differisca in maniera tale da rendere il suo consumo normale svantaggioso per il consumatore sul piano nutrizionale.
Parlare poi di limitazioni alla libertà personale e di multinazionali è fuorviante e ironico, dal momento che il grande “padrone” della filiera zootecnica italiana e globale è l’allevamento industriale, spesso organizzato in grandi gruppi, un modello rispetto al quale la carne coltivata potrebbe rappresentare un’alternativa per tutti coloro che non si vogliono nutrire della sofferenza di altre creature senzienti e non vogliono arrecare danni all’ambiente.
Le foto utilizzate da questa campagna, con animali e persone felici in un paesaggio idilliaco è una vera e propria menzogna. Da tempo immemorabile l’industria zootecnica ha abbandonato la natura: basta vedere i campi della Pianura padana, trasformati in distese di monocolture per nutrire gli animali chiusi in capannoni sovraffollati. È questa la tradizione di cui parla Coldiretti? Oppure è la tradizione in cui i polli vengono selezionati geneticamente per crescere a ritmi tutto tranne che “naturali”, ed essere macellati quando sono pulcini in un corpo troppo cresciuto? Quelli sì che sono “Frankenpolli”, altro che “cibo Frankenstein” riferito alla carne coltivata.
“Non abbiamo mai visto tanta sollecitudine nell’attaccare altri sviluppi tecnico-scientifici, proprio da un settore che da anni sfrutta i risultati di tecnologie che hanno modificato la genetica degli animali stessi. E che spesso invoca la tecnica come sinonimo di sostenibilità (pensiamo all’agricoltura di precisione),” concludono le associazioni.
Animal Equality Italia
Animal Law Italia
CIWF Italia
Essere Animali
LAV
LNDC Animal Protection
Livestock's Long Shadow, Environmental issues and options (2006)
Water pollution from agriculture: a global review (2017)