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Siccità, gli esperti: l’allevamento intensivo distrugge le risorse idriche

News Section Icon Pubblicato 22/03/2023

L’allevamento intensivo sta distruggendo le risorse idriche a nostra disposizione e deve essere fermato prima che sia troppo tardi. A lanciare l’allarme, in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, sono gli esperti che interverranno su questo e altri temi alla conferenza Extinction or Regeneration.

Susan Chomba, direttrice di Vital Landscapes, World Resources Institute, dichiara: “La siccità diventa sempre più grave e più frequente in tutto il continente africano. C’è una cattiva gestione delle risorse idriche e un’eccessiva enfasi sull'estrazione di acqua dal sottosuolo tramite trivellazioni, a scapito di una gestione integrata dei bacini idrografici. Si coltivano tipi di colture inadatte a garantire sicurezza alimentare e nutrizionale. Pesticidi e fertilizzanti stanno inquinando l’acqua al punto da renderla nociva per il consumo umano. Quello di cui abbiamo bisogno è accelerare sulle strategie per trasformare i sistemi agricoli e di trattamento delle acque reflue, oltre che di una maggiore consapevolezza sui pericoli della strategia ‘copia-incolla’ dell’agricoltura industriale.”

In Europa e nel Regno Unito, le deiezioni degli animali allevati intensivamente defluiscono nei corsi d’acqua e fiumi, uccidendo piante ed animali marini. In Africa, tonnellate di terriccio saturo di fertilizzanti si disperdono nei sistemi fluviali e nelle centrali idroelettriche. In Nord America, l’azoto proveniente dai mega-allevamenti finisce nei fiumi e nel Golfo del Messico, creando “zone morte in cui nessuna forma di vita sopravvive.

Rattan Lal, direttore del Rattan Lal Center for Carbon Management and Sequestration presso l’università statale dell’Ohio, afferma: “La qualità dell'acqua, la salute del suolo e la nutrizione sono connesse fra loro, si tratta di problemi che dobbiamo affrontare insieme. La scienza e le conoscenze per risolverli esistono, possiamo smettere di avvelenare i nostri terreni e le nostre acque, e restituirli alla natura, pur garantendo sicurezza alimentare a livello globale. Possiamo ridurre gli episodi estremi di inondazioni e gestire meglio l’irrigazione delle colture. Possiamo incoraggiare un maggiore sequestro di carbonio attraverso l’acqua (e il suolo), ma è necessario che la politica si metta al passo con la scienza. L’aggravarsi dell’intensità e della frequenza dell’alternarsi di siccità-alluvioni causato dai cambiamenti climatici antropogenici deve essere affrontato in modo efficace, sfruttando l’elevata capacità di immagazzinamento dell’acqua dolce e la rinnovabilità dei suoli attraverso strategie che promuovano la ri-carbonizzazione dei suoli impoveriti e degradati per rafforzare il nesso suolo-acqua.”

Circa il 70% della superficie del pianeta è ricoperto da acqua, ma solo l’1% di essa è acqua dolce accessibile. Questa risorsa è fondamentale per la salute e il benessere umano, la biodiversità, la produzione di energia e cibo, la salute degli ecosistemi e molto altro ancora. Tuttavia, l’agricoltura consuma ben il 70% di tutta l’acqua dolce a livello globale – un consumo che per circa un terzo è legato alla produzione di carne e latticini.

L’impronta idrica dei prodotti animali è maggiore di quella dei prodotti vegetali con un valore nutrizionale equivalente*. Le ricerche dimostrano che, in generale, la carne e il latte prodotti in sistemi di allevamento intensivo utilizzano e inquinano maggiormente le acque superficiali e sotterranee rispetto a prodotti provenienti da pascoli o da sistemi misti.

Philip Lymberydirettore generale di Compassion in World Farming e pluri-premiato autore di libri come Farmageddon e l’appena pubblicato Restano solo sessanta raccolti, commenta: “Ho visto di persona l’impatto devastante che l’inquinamento degli allevamenti intensivi ha sui nostri preziosi corsi d’acqua in tutto il mondo. Crea ‘zone morte’ nei fiumi e negli oceani, dove nulla può vivere. Dobbiamo iniziare a praticare una ’agricoltura che porti beneficio alla natura anziché danneggiarla. Per troppo tempo, la produzione alimentare ha ignorato il fatto che, se non faremo attenzione, risorse limitate come l'acqua finiranno per esaurirsi. Abbiamo bisogno di soluzioni, e in fretta. Ma c'è speranza: riunendo alcuni dei migliori pensatori ed esperti del mondo alla prossima conferenza Extinction or Regeneration possiamo esplorare le strade percorribili e contribuire a creare una tabella di marcia verso un sistema alimentare globale che rispetti la salute umana, animale e planetaria.”

Jennifer Jacquet, professoressa associata di Studi ambientali alla New York University e autrice di The Playbook: How to Deny Science, Sell Lies, and Make a Killing in the Corporate World, che interverrà a Extinction or Regeneration, aggiunge: “La zootecnia è un’importante causa di emissione di gas serra e di inquinamento da azoto e fosforo, fattori che contribuiscono all’aumento delle ‘zone morte’ degli oceani, dove non c'è ossigeno e quindi vita. Le zone morte sono habitat oceanici che gli animali acquatici selvatici hanno perduto. Il sistema dell’allevamento intensivo, che inquina l’ambiente, incluse acque dolci e marine, comporta terribili sofferenze per gli animali negli allevamenti, ma anche conseguenze negative per la vita degli animali selvatici, per noi altrettanto importanti. Abbiamo bisogno di un’azione immediata per regolamentare il settore zootecnico e ridurre il consumo di carne allevata intensivamente”.

La conferenza Extinction or Regeneration, organizzata da Compassion in World Farming in collaborazione con diversi partner, si terrà l’11 e 12 maggio a Londra, online e in presenza presso il Queen Elizabeth II Conference Centre. L’evento offrirà a singoli, organizzazioni, aziende e altri esperti l'opportunità di presentare soluzioni in tema di ambiente, salute pubblica, settore alimentare, politica alimentare, tutela ambientale, finanza e benessere animale, per sanare il nostro modo di produrre cibo.

 

*Mekonnen, M. and Hoekstra, A., 2012.A global assessment of the water footprint of farm animal products. Ecosystems.: DOI: 10.1007/s10021-011-9517-8

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