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L’orata è un pesce d’acqua salata e salmastra molto diffuso nell’area mediterranea1, caratterizzato da una sottile linea color oro tra gli occhi e da un corpo ovale e schiacciato.

Essendo una specie dalle carni pregiate, è ampiamente commercializzata a livello internazionale2. L’orata è il secondo pesce più allevato in Italia, dove se ne producono circa 31 milioni l’anno3.

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Chi è l'orata?

orata che nuota in acque buie
© Adobe Stock

L’orata (Sparus aurata) vive nel bacino del Mediterraneo e nell'Atlantico orientale, dalle coste delle Isole britanniche fino al Senegal, e talvolta nel Mar Nero4. Prende il suo nome dalla sottile linea dorata che presenta tra gli occhi.

Spesso viene confusa con il branzino, ma la loro fisionomia è ben differente, poiché l’orata ha una struttura corporea ovale, più compressa, e una sola pinna dorsale5. Può cambiare colore a seconda dell’habitat e dell’età, ma generalmente il suo dorso è grigio-azzurro, i fianchi argentei con delle sottili linee longitudinali6, e diventa più colorata nella fase dell’accoppiamento7. Normalmente misura tra i 20 e i 50 cm, ma può crescere fino a 70 cm e pesare fino a 10 kg8.

Essendo particolarmente sensibile alle basse temperature – soprattutto nelle fasi giovanili – si mantiene vicino alla costa, entro i 30-50 metri di profondità, e può essere trovata presso fondali sabbiosi, rocciosi e ricchi di alghe9.

È una specie ermafrodita! Tutti gli individui nascono di sesso maschile, dopodiché, raggiunta la maturità sessuale (a circa due anni di età) alcuni diventano femmine, a seconda di alcune condizioni sociali e ambientali. Le femmine possono poi deporre fino a 80.000 uova al giorno per quattro mesi di fila10.

Da giovane si nutre di plancton, mentre da adulta mangia principalmente molluschi, crostacei e altri invertebrati, ma può allargare i suoi orizzonti culinari alle alghe in caso di necessità. È una specie che sviluppa forti gerarchie, e spesso gli esemplari più forti si appropriano del cibo catturato dai propri simili11.

Una lunga storia

A differenza di molte specie la cui commercializzazione deriva dal passaggio al sistema di produzione intensivo, l’orata viene allevata a fini alimentari da diversi secoli: già gli antichi romani erano pratici di allevamento di orate in piccoli stagni e lagune12. Addirittura, questa specie sembra aver dato il proprio nome a Sergius Orata, un inventore e uomo d'affari dell’antica Roma, il quale risulta le commercializzasse già nel I secolo a.C.13.

Ad oggi, le condizioni di allevamento e consumo dell’orata sono ben diverse. Come avviene spesso nell’ industria ittica, inizialmente le orate venivano catturate giovani per poi essere allevate in cattività in stagni salmastri e lagune costiere. A partire dagli anni Ottanta, dopo i primi esperimenti di successo in sistemi intensivi o semi-intensivi che utilizzano gabbie marine o impianti a terra14, l’orata viene allevata per tutta la durata del suo ciclo di vita15. Questa pratica ha poi continuato ad espandersi in tutta la zona mediterranea, in particolare in Grecia e Turchia16.

orate che nuotano in gruppo
© Shutterstock

Sofferenza e insostenibilità

Gli allevamenti di orata hanno molto in comune con quelli di branzino. Allevare l’orata ha un grande impatto sugli stock ittici poiché, trattandosi di una specie carnivora, ha bisogno di grandi quantità di farina e olio di pesce per essere nutrita.

Densità di allevamento eccessive, scarsa qualità dell’acqua, trattamenti veterinari e altre procedure che richiedono la manipolazione portano le orate a soffrire di stress e scarsi livelli di benessere, con un rischio di diffusione di malattie parassitarie, batteriche e virali analogo a quello del branzino17. In media, servono tra l’anno e mezzo e i due anni per produrre una "porzione" di orata (circa 300-500g), a seconda delle condizioni climatiche18.

69639_Sea bream being dumped into ice slurry bins_© Compassion in World Farming.jpg
Orate vengono gettate in una miscela di ghiaccio e acqua © Compassion in World Farming

Anche dal punto di vista ambientale possono sorgere delle criticità. L’area mediterranea in cui l’orata viene allevata ospita diverse specie di alghe marine, essenziali per gli ecosistemi e casa di numerose specie, che potrebbero venir compromesse dalla presenza di strutture mal localizzate o gestite19. In particolare, i danni ambientali derivano dallo scarico di sostanze organiche, fosforo e azoto, che possono causare l’eutrofizzazione. Non vanno trascurate nemmeno le conseguenze sulle popolazioni selvagge dovute a eventuali fughe di pesci dagli allevamenti, come la riduzione della fecondità delle specie locali dovuta ad accoppiamenti tra specie diverse, i mutamenti nella rete alimentare e il passaggio di malattie e parassiti tra individui selvatici e allevati20.

Orata nel mio piatto?

Sebbene esistano alcune certificazioni per le orate allevate, queste si concentrano principalmente sugli aspetti relativi alla sostenibilità ambientale e non tengono sufficientemente in conto criteri relativi al benessere degli animali21.

A causa delle sofferenze in allevamento e degli impatti delle strutture sull’ambiente e sugli ecosistemi, il consumo di orata è sconsigliato. In alternativa, si suggerisce il consumo di alghe marine, ed esistono in commercio gustose alternative al pesce a base vegetale, che si trovano ormai in molti supermercati comuni.

Vuoi comunque consumare carne di orata? Ti consigliamo allora di informarti riguardo all’azienda produttrice e ai metodi allevamento che utilizza per assicurarti che adotti pratiche rispettose del loro benessere e dell’ambiente.

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