Pubblicato 19/12/2014
H5N8 a Porto Viro - La notizia di un’epidemia di influenza aviaria del ceppo H5N8 in un allevamento di tacchini di Porto Viro in provincia di Rovigo è stata comunicata il 16 dicembre dall'Organizzazione Mondiale per la Sanità animale(OIE) su nota del Ministero della Salute italiano.
Dopo aver registrato, dietro segnalazione dell’allevatore, un alto numero di decessi nella azienda di tacchini, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie ha rilevato la presenza del virus H5N8 fra gli animali. In 3 giorni 1200 dei circa 32000 tacchini sono morti per l’influenza. Gli animali dell’allevamento sono stati abbattuti il giorno dopo la diffusione della notizia (17 dicembre) e la Regione Veneto ha fatto sapere che sarebbero state applicate misure precauzionali nelle zone limitrofe per evitare la diffusione del virus.
Gli allevamenti intensivi - Altri casi di influenza aviaria H5N8 sono stati registrati negli ultimi mesi in Olanda, Gran Bretagna e Germania. Nonostante non siano state acclarate con certezza le cause dell’epidemia, secondo CIWF Italia Onlus è chiaro che gli allevamenti intensivi, in cui gli animali sono tenuti ad altissime densità in condizioni che favoriscono l’immunodepressione, possono diventare l’ambiente ideale per la diffusione del virus. A partire dall’allevamento, anche gli operatori dello stesso o i piccoli roditori che inevitabilmente possono trovarvisi, rischiano di diventare vettori di contagio.
Lo afferma in modo inequivocabile anche la Task Force scientifica per l'influenza aviaria e gli uccelli selvatici, composta da organizzazioni come Bird Life International, la FAO e il Royal Veterinary College, in una recente dichiarazione: "Le epidemie di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) sono più frequentemente associate con la produzione intensiva di pollame domestico e i canali commerciali a questa abbinati."
Gli uccelli selvatici non diventino un capro espiatorio - Anche se l’origine del contagio da parte degli uccelli selvatici non è da escludere, non può però essere considerato la causa principale della diffusione del virus. Infatti, bassi livelli di influenza aviaria sono naturalmente presenti negli uccelli selvatici, ma la diffusione su larga scala viene in un certo modo limitata grazie al loro migliore sistema immunitario e alle migliori condizioni degli ambienti in cui vivono, in cui non sono, differentemente dai volatili allevati intensivamente, ammassati gli uni sugli altri a densità altissime. Il problema nasce quando il virus entra nei sovraffollati allevamenti intensivi. Impostare il problema in modo scorretto, non riconoscendo una delle cause predominanti della diffusione, impedirà di tenere sotto controllo l’epidemia e allontanerà sempre di più dall’identificazione di un sistema che consenta di produrre cibo in maniera sostenibile.
Pericoli per l’uomo - L’allarme sull’influenza H5N8 è alto perché non è esclusa la possibilità di contagio per l’uomo, con conseguenze del tutto imprevedibili.
La direttrice di CIWF Italia Onlus, Annamaria Pisapia, commenta in questo modo la notizia: "Ancora una volta ci troviamo a dovere fronteggiare un’emergenza sanitaria proveniente da allevamenti intensivi. Ancora una volta assistiamo al tentativo di addossare le responsabilità esclusivamente a fattori esterni (come gli uccelli selvatici) e non interni al sistema. La verità è che qualsiasi virus si propaga e può mutare molto più facilmente negli allevamenti intensivi, dove decine di migliaia di animali, per genetica già immunodepressi, sono ammassati gli uni sugli altri, in condizioni non rispettose del loro benessere. La natura continua a mandarci un chiaro messaggio: la zootecnia deve cambiare strada e scegliere sistemi maggiormente rispettosi del benessere degli animali.”