La Camera ha approvato ieri il divieto di produzione e distribuzione della carne coltivata in Italia, una legge di natura puramente ideologica che finirà per danneggiare l’innovazione in Italia. Insieme ad altre associazioni, abbiamo criticato pubblicamente la decisione, miope e controproducente, oltre che potenzialmente inutile.
Il voto alla Camera
Con 159 voti favorevoli della maggioranza, 34 astenuti – tra questi i deputati del Partito Democratico – e 53 voti contrari, la Camera ha approvato in via definitiva, dopo un iter accelerato e blindato, il DDL a firma del ministro Lollobrigida, presentato il 28 marzo e fortemente sostenuto da Coldiretti, che vieta di produrre, vendere, somministrare, distribuire o promuovere alimenti a base di colture cellulari, prevedendo sanzioni da 10 a 60 mila euro.
Ufficialmente, il divieto sarebbe motivato dalla necessità di tutelare la salute delle persone, ma la verità è un’altra: il suo unico scopo è proteggere il settore zootecnico.
Un miope regalo alla zootecnia
Insieme a Animal Law Italia, Animal Equality, ENPA, HSI/Europe, LAV, LEIDAA, LNDC Animal Protection e OIPA abbiamo contestato la natura ideologica della legge, sottolineando le sue criticità. Innanzitutto, l’approvazione della commercializzazione dei “novel food” (nuovi alimenti) spetta esclusivamente all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), a seguito di un percorso complesso volto a tutelare la salute delle persone e la sicurezza dei nuovi prodotti.
Questo significa che, una volta che l’EFSA avrà dato il via libera, da un punto di vista economico gli unici penalizzati saranno gli imprenditori italiani, che non potranno produrre e commercializzare carne coltivata sul territorio nazionale, poiché secondo il diritto europeo non si potrà impedire la vendita in Italia da parte di aziende con sede in altri Paesi europei di un novel food approvato dall’EFSA come sicuro.
“Questo divieto è oggi del tutto inutile, poiché la carne coltivata non è stata ancora approvata per il consumo umano in Europa e quindi non può essere commercializzata, mentre diventerà inattuabile nel momento in cui, in futuro, EFSA dovesse pronunciarsi favorevolmente in merito. Non possiamo non considerare questo provvedimento un miope regalo alla lobby zootecnica, peraltro ignorando i danni che ne deriveranno per lo sviluppo del Paese: allontanerà gli investimenti e spingerà i ricercatori italiani all’estero, dove altri Paesi stanno investendo su queste tecnologie”.
Un ostacolo alle alternative vegetali
Non solo, il provvedimento approvato ieri contiene anche il divieto di utilizzare denominazioni legate alla carne per prodotti trasformati a base di proteine vegetali (meat-sounding).
Questo divieto entrerà in vigore dopo l’approvazione di un apposito decreto ministeriale, nel quale verranno elencate le denominazioni vietate (come, ad esempio, “hamburger vegetale”). Ancora una volta, non si tratta di altro che un tentativo di ostacolare la diffusione di prodotti alternativi alla carne da animali allevati, in questo caso quelli vegetali, creando confusione fra i 22 mila consumatori abituali che si troveranno di fronte denominazioni meno immediate.
“Questa legge danneggia un settore che negli ultimi anni ha avuto una crescita record per via delle scelte consapevoli dei consumatori, non certo perché indotti in errore. In Italia ci sono molte aziende all’avanguardia nel settore che subiranno un danno enorme poiché dovranno realizzare nuovamente tutto il packaging e la comunicazione, sottraendo risorse all’innovazione e al miglioramento del prodotto. Ciò mette anche a rischio posti di lavoro, determinando di fatto una concorrenza sleale a favore delle sole produzioni tradizionali che peraltro, a differenza delle aziende che creano prodotti plant-based, sono già agevolate abbondantemente dall'Iva ridotta e dai contributi previsti dalla PAC, nonché da ulteriori aiuti statali”.
Una legge potenzialmente inutile
Il Governo poche settimane fa ha ritirato la bozza del DDL dalla procedura di controllo europea per le leggi che potrebbero creare ostacoli alla libera circolazione di merci, evitando osservazioni negative che avrebbe potuto rimandare la legge fino a 18 mesi. Si è trattato di una mossa che rende, tuttavia, la legge potenzialmente inutile: la norma non notificata potrebbe essere dichiarata inapplicabile dai singoli tribunali nazionali, prevedendo risarcimenti per danno per le opportunità economiche perse.
In più, la Commissione europea potrebbe decidere di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione della libertà di circolazione, esponendo il Paese a sanzioni elevate.