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La crisi climatica passa per l'allevamento intensivo

News Section Icon Pubblicato 22/07/2024

terreno evidentemente colpito da siccità, con spaccature

Se vogliamo impedire che la crisi climatica peggiori, dobbiamo affrontarne le cause più profonde: a cominciare dall’allevamento intensivo e dall’agricoltura industriale necessaria a sostenerlo.

L'Italia a secco

Attualmente, il centro e sud Italia, e in particolare la regione Sicilia, stanno affrontando una terribile siccità che – come riportano i media locali e nazionali – sta costringendo le autorità locali ad applicare misure di razionamento dell’acqua, causando perdite economiche enormi e portando al prosciugamento di alcuni laghi.

L'attuale crisi non arriva, tuttavia, inaspettata: a gennaio, il Join Research Centre (JRC) della Commissione europea ha pubblicato un report, avvertendo che “il protrarsi di temperature superiori alla media, le ondate di caldo e le scarse precipitazioni hanno portato a condizioni di grave siccità nella regione mediterranea, colpendo numerose aree dell'Italia meridionale”. Secondo gli esperti, è plausibile aspettarsi che questa preoccupante tendenza continui nel prossimo futuro*.

Le cause profonde della crisi

È evidente, l'attuale crisi climatica non può essere fronteggiata, e neanche mitigata, se non vengono prese in considerazione quelle che sono le cause più profonde del cambiamento climatico.

suini in un allevamento intensivo, al coperto, scuro e sporco

I nostri sistemi alimentari sono attualmente una delle più importanti cause del cambiamento climatico,” commenta Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia. “Sono responsabili del 31% delle emissioni globali di gas serra, oltre la metà delle quali (57%) è dovuta alla produzione di alimenti di origine animale, a cui si deve quindi il 18% delle emissioni totali di gas serra al mondo”.

Come ripetiamo ormai da lungo tempo, il clima potrebbe trarre beneficio da una significativa riduzione del consumo di carne e latticini, soprattutto nei Paesi ad alto consumo. Se l’UE dimezzasse il consumo di questi prodotti, ciò comporterebbe una riduzione del 23% nell’uso di terreni coltivati pro capite, una diminuzione del 20% nell’uso e nell’inquinamento delle acque superficiali e sotterranee, un calo del 40% nelle emissioni di azoto dall’agricoltura e una diminuzione del 75% nelle importazioni di farina di soia per la produzione di mangimi per gli animali allevati**.

Porre fine all'allevamento intensivo, e quindi smantellare il sistema insostenibile che lo sorregge, è fondamentale se vogliamo affrontare efficacemente l'attuale crisi climatica. Non possiamo permettere che questo sistema, basato sulla crudeltà verso gli animali, sullo sfruttamento e sull’enorme spreco di risorse, continui a esistere,” conclude Pisapia.

Unisciti anche tu al movimento per mettere fine all'allevamento intensivo, per il bene degli animali, delle persone e del pianeta.

 

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